La persecuzione

La materie usate da Petroldragon per la produzione di olio combustibile, per la Legge Italiana passano improvvisamente dall’essere considerate materie seconde ad essere considerate rifiuti,
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come conseguenza l’azienda Petroldragon è improvvisamente deficitaria delle autorizzazioni per il trattamento dei rifiuti e pertanto fuorilegge; stessa cosa capita ai prodotti in uscita dal processo di lavorazione della Petroldragon, prima considerati olio combustibile, ora rifiuti, che sono la fonte di approvvigionamento di materia prima della raffineria Omar, pertanto anche quest’ultima è, dall’oggi al domani, mancante delle autorizzazioni per il trattamento dei rifiuti, quindi anch’essa fuorilegge. Ancora di più, visto che pure i prodotti in uscita dagli stabilimenti della Omar sono anch’essi rifiuti, dove prima erano prodotti finiti destinati al mercato e soggetti al regolare pagamento delle imposte relative all’ambito produttivo, allora anche tutti i clienti che da sempre compravano tali prodotti, si trovano ad avere nei propri stabilimenti o nei propri magazzini, non più prodotti finiti, ma rifiuti, per lo stoccaggio od il trattamento dei quali, anche per loro, è necessaria la relativa autorizzazione al trattamento, autorizzazione che, chiaramente, essi non hanno: anche tutti i clienti di Omar e Petroldragon sono fuorilegge.
Ed ecco che Petroldragon, Omar e tutti i clienti di queste ultime, vengono messi sotto sequestro. Il dissequestro, per le aziende dei clienti, avverrà solo in seguito al loro impegno a non acquistare più i prodotti derivati dalle lavorazioni degli impianti di Omar e Petroldragon.
Tutte le Banche e gli Istituti di Credito con cui gli stabilimenti di Andrea Rossi avevano da sempre lavorato, vista la palese valutazione negativa della situazione, chiudono tutti i rubinetti; questo, unito all’obbligo per i clienti di non acquistare più nulla dalle aziende, determina l’arresto totale ed immediato di ogni forma di alimentazione economica; sono infatti annullati sia tutti i fidi bancari, sia tutti gli ordini di produzione. La situazione amministrativa del gruppo è insostenibile. Il successivo arresto di Andrea Rossi, che dal carcere non potrà più fare nulla per tentare di salvare le proprie aziende, e l’enorme campagna mediatica che distrugge irrimediabilmente l’immagine sia di Andrea Rossi, sia degli stabilimenti Omar e Petroldragon, riescono in pochissimo tempo ad annullare il valore dei marchi di aziende che fino a poco tempo prima erano valutate circa 50 miliardi di lire (ed in espansione esponenziale) e che davano lavoro a 150 dipendenti.
Inutile descrivere lo stato psicologico di Andrea Rossi in questo momento: coperto di mandati di cattura, rinchiuso nelle patrie galere da dove ogni giorno guarda trasmissioni televisive che ridicolizzano la sua figura ed il frutto del lavoro di tanti anni, manifestazioni pubbliche contro i suoi impianti dove grandi quantità di materia prima pronta alla lavorazione per diventare olio combustibile e prodotti di consumo, diventano, ora che la capacità produttiva di Omar e Petroldragon è definitivamente annullata, cimiteri di migliaia di tonnellate di rifiuti tossici.
Impossibile per l’Ing Andrea Rossi gridare al mondo che sì, i rifiuti ci sono e sono tanti, ma che non sono lì come il frutto di una truffa ai danni dell’ambiente e della comunità, come se fosse il risultato di uno stoccaggio selvaggio atto a speculare sul loro smaltimento simulato, ma sono lì in attesa di essere lavorati e trasformati, e sono tanti proprio perché tanta era la previsione produttiva per adeguarsi alla richiesta di prodotto da parte dei clienti, a conferma che lo stesso mercato aveva dato nel tempo un parere favorevole sulla qualità del lavoro svolto dagli stabilimenti e, soprattutto, a conferma del fatto che il mercato stesso era già riuscito a superare il pregiudizio inevitabilmente legato a questo “magico prodotto”, pregiudizio che con anni di lavoro, di umiliazioni e di sfide vinte, Andrea Rossi era riuscito ad abbattere.
Inutile la riflessione sul fatto che qualsiasi raffineria venisse chiusa, anche al giorno d’oggi, apparirebbe come un enorme contenitore di rifiuti tossici, proprio perché tali sarebbero le sostanze oggetto di lavorazione, se non raffinate e se non facenti parte di una catena produttiva. Persino il contenuto del serbatoio di un’automobile, se abbandonata, sarebbe pieno di rifiuti tossici, perché la benzina non farebbe più parte del processo produttivo atto al moto del mezzo stesso, ma sarebbe una sostanza non più utile a tale processo e, quindi, un rifiuto; in più tossico e pericoloso, per le caratteristiche chimiche insite nella benzina stessa.

Le materie usate da Petroldragon per la produzione di olio combustibile, per la Legge Italiana passano improvvisamente dall’essere considerate materie seconde a essere considerate rifiuti.

Come conseguenza l’azienda Petroldragon è improvvisamente deficitaria delle autorizzazioni per il trattamento dei rifiuti e pertanto fuorilegge; stessa cosa capita ai prodotti in uscita dal processo di lavorazione della Petroldragon, prima considerati olio combustibile, ora rifiuti, che sono la fonte di approvvigionamento di materia prima della raffineria Omar; pertanto anche quest’ultima è, dall’oggi al domani, mancante delle autorizzazioni per il trattamento dei rifiuti, quindi anch’essa fuorilegge. Ancora di più, visto che pure i prodotti in uscita dagli stabilimenti della Omar sono anch’essi rifiuti – dove prima erano prodotti finiti destinati al mercato e soggetti al regolare pagamento delle imposte relative all’ambito produttivo – ecco che tutti i clienti che da sempre compravano tali prodotti si trovano ad avere nei propri stabilimenti o nei propri magazzini, non più prodotti finiti, ma rifiuti, per lo stoccaggio o il trattamento dei quali, anche per loro, è necessaria la relativa autorizzazione al trattamento, autorizzazione che, chiaramente, essi non hanno: anche tutti i clienti di Omar e Petroldragon sono fuorilegge.

Pertanto, Petroldragon, Omar e tutti i clienti di queste ultime, vengono messi sotto sequestro. Il dissequestro, per le aziende dei clienti, avverrà solo in seguito al loro impegno a non acquistare più i prodotti derivati dalle lavorazioni degli impianti di Omar e Petroldragon.

Tutte le Banche e gli Istituti di Credito con cui gli stabilimenti di Andrea Rossi avevano da sempre lavorato, vista la palese valutazione negativa della situazione, chiudono tutti i rubinetti; questo, unito all’obbligo per i clienti di non acquistare più nulla dalle aziende, determina l’arresto totale ed immediato di ogni forma di alimentazione economica; sono infatti annullati sia tutti i fidi bancari, sia tutti gli ordini di produzione. La situazione amministrativa del gruppo è insostenibile. Il successivo arresto di Andrea Rossi, che dal carcere non potrà più fare nulla per tentare di salvare le proprie aziende, e l’enorme campagna mediatica che distrugge irrimediabilmente l’immagine sia di Andrea Rossi, sia degli stabilimenti Omar e Petroldragon, riescono in pochissimo tempo ad annullare il valore dei marchi di aziende che fino a poco tempo prima erano valutate circa 50 miliardi di lire (e in espansione esponenziale) e che davano lavoro a 150 dipendenti.

Inutile descrivere lo stato psicologico di Andrea Rossi in questo momento: coperto di mandati di cattura, rinchiuso nelle patrie galere da dove ogni giorno guarda trasmissioni televisive che ridicolizzano la sua figura ed il frutto del lavoro di tanti anni, manifestazioni pubbliche contro i suoi impianti dove grandi quantità di materia prima pronta alla lavorazione per diventare olio combustibile e prodotti di consumo, diventano, ora che la capacità produttiva di Omar e Petroldragon è definitivamente annullata, cimiteri di migliaia di tonnellate di rifiuti tossici.

Impossibile per Andrea Rossi gridare al mondo che sì, i rifiuti ci sono e sono tanti, ma che non sono lì come il frutto di una truffa ai danni dell’ambiente e della comunità, come se fosse il risultato di uno stoccaggio selvaggio atto a speculare sul loro smaltimento simulato, ma sono lì in attesa di essere lavorati e trasformati, e sono tanti proprio perché tanta era la previsione produttiva per adeguarsi alla richiesta di prodotto da parte dei clienti, a conferma che lo stesso mercato aveva dato nel tempo un parere favorevole sulla qualità del lavoro svolto dagli stabilimenti e, soprattutto, a conferma del fatto che il mercato stesso era già riuscito a superare il pregiudizio inevitabilmente legato a questo magico prodotto”, pregiudizio che con anni di lavoro, di umiliazioni e di sfide vinte, Rossi era riuscito ad abbattere.

Inutile la riflessione sul fatto che qualsiasi raffineria venisse chiusa, anche al giorno d’oggi, apparirebbe come un enorme contenitore di rifiuti tossici, proprio perché tali sarebbero le sostanze oggetto di lavorazione, se non raffinate e se non facenti parte di una catena produttiva. Persino il contenuto del serbatoio di un’automobile, se abbandonata, sarebbe pieno di rifiuti tossici, perché la benzina non farebbe più parte del processo produttivo atto al moto del mezzo stesso, ma sarebbe una sostanza non più utile a tale processo e, quindi, un rifiuto; in più tossico e pericoloso, per le caratteristiche chimiche insite nella benzina stessa.