Risposte ad articoli di giornale

Risposta art. Corriere della Sera del 06-04-1995

Link all’articolo presso il sito de “Il Corriere della Sera”
RTICOLO ORIGINALE:
Corriere della Sera – 06 aprile 1995 —   pagina 49
http://archiviostorico.corriere.it/1995/aprile/06/Manette_bis_per_Andrea_Rossi_co_0_9504062501.shtml
Manette bis per Andrea Rossi
La Procura di Ariano Irpino accusa l’ inventore del ” refluo petrolio ” di riciclaggio di denaro sporco. Ricercato il corriere della banda che avrebbe trasferito con furgoni blindati oltre 2 tonnellate d’ oro
MONZA. Se finora ha creduto di essere nei guai si e’ sbagliato. Andrea Rossi, inventore del chiacchierato procedimento per trasformare in petrolio la spazzatura e i rifiuti industriali, e’ molto piu’ che in semplici guai. Di tutte le “tegole” che gli sono piovute addosso finora, la piu’ pesante e’ arrivata ieri dalla Procura di Ariano Irpino, in provincia di Avellino. Il giudice delle indagini preliminari Vincenzo Caputo ha emesso, su richiesta del sostituto Rosario Baglioni, un’ ordinanza di custodia cautelare contro di lui per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di capitali di illecita provenienza e alla frode fiscale. La presunta organizzazione a delinquere sarebbe formata, oltre che dall’ ideatore del “refluo petrolio” e da una persona per ora irreperibile, anche da Michele Pizzato, italiano con residenza in Svizzera, uomo di fiducia di Andrea Rossi e, negli ultimi tempi, suo compagno di “sventura”. Una sventura cominciata un paio di settimane fa con le conclusioni di una inchiesta condotta dal sostituto procuratore monzese Salvatore Bellomo. Alla fine delle sue indagini, il pm monzese aveva chiesto e ottenuto l’ arresto sia di Rossi che di Pizzato per associazione a delinquere finalizzata alla falsa fatturazione e alla frode fiscale. L’ accusa riguardava la documentazione fittizia che i due avrebbero compilato per attestare la compravendita e l’ esportazione di decine di chili d’ oro, merce di cui Rossi si occupa da quasi due anni come titolare dell’ oreficeria “St. Andre’ ” di Milano (societa’ che lavora l’ oro a Luogosano, in provincia di Avellino). I due erano percio’ finiti in carcere, sperando che il castello di accuse crollasse dopo gli interrogatori. Errore. Perche’ i fatti contestati dal pm monzese hanno trovato conferma nell’ inchiesta del collega di Ariano Irpino, che da oltre un anno stava seguendo praticamente lo stesso filone d’ indagine e che adesso, nelle sue ipotesi d’ accusa, si spinge fino all’ associazione finalizzata al riciclaggio di denaro sporco. In un comunicato stampa diffuso ieri dal comando di gruppo della Guardia di Finanza di Avellino si parla in dettaglio della nuova ordinanza di custodia notificata in carcere a Rossi e Pizzato. Risulterebbe, com’ era gia’ noto dall’ inchiesta monzese, che 46 miliardi di lingotti d’ oro (ben 2.323 chili) avrebbero passato il confine italiano solo sulla carta e, inoltre, che l’ associazione a cui farebbe capo Rossi avrebbe evaso tributi per 120 miliardi con false esportazioni di congegni ad alta tecnologia. Il terzo uomo ricercato e’ il trasportatore dei lingotti, un personaggio abituato a muoversi su furgoni blindati. Sul trasferimento di fondi verso paradisi fiscali come il Liechtenstein, i finanzieri sostengono che “l’ articolazione dell’ organizzazione” era tale da far intuire che l’ obiettivo fosse anche anche il riciclaggio di denaro sporco.
E da Milano nuova incriminazione. Smaltimento clandestino di veleni
MILANO . Petrolio dai rifiuti tossici? Macche’ , le 58 mila tonnellate di liquami industriali accumulate dalla Petrol Dragon nelle cisterne dell’ ex raffineria Omar di Lacchiarella erano e restano un cocktail di veleni assolutamente non riciclabile. Andrea Rossi, rappresentante legale dell’ azienda, e il liquidatore Alessandro Reale sono stati incriminati dalla Procura circondariale di Milano per stoccaggio e smaltimento abusivo di rifiuti tossico nocivi. La Regione ha gia’ deciso di costituirsi parte civile, anche per ottenere i 50 60 miliardi necessari alla bonifica. L’ inchiesta era stata avviata il 14 dicembre ‘ 93 dopo il sequestro, da parte del Corpo forestale dello Stato, di un’ autocisterna proveniente dal deposito Petrol Dragon di Piossasco (Torino), sorpresa a scaricare nei serbatoi di Lacchiarella 10 tonnellate di liquami con altissime percentuali di Pcb (policlorobifenile), una sostanza tossica e sospetta cancerogena.Fasano Giusi
MILANO . Petrolio dai rifiuti tossici? Macche’ , le 58 mila tonnellate di liquami industriali accumulate dalla Petrol Dragon nelle cisterne dell’ ex raffineria Omar di Lacchiarella erano e restano un cocktail di veleni assolutamente non riciclabile. Andrea Rossi, rappresentante legale dell’ azienda, e il liquidatore Alessandro Reale sono stati incriminati dalla Procura circondariale di Milano per stoccaggio e smaltimento abusivo di rifiuti tossico nocivi. La Regione ha gia’ deciso di costituirsi parte civile, anche per ottenere i 50 60 miliardi necessari alla bonifica. L’ inchiesta era stata avviata il 14 dicembre ‘ 93 dopo il sequestro, da parte del Corpo forestale dello Stato, di un’ autocisterna proveniente dal deposito Petrol Dragon di Piossasco (Torino), sorpresa a scaricare nei serbatoi di Lacchiarella 10 tonnellate di liquami con altissime percentuali di Pcb (policlorobifenile), una sostanza tossica e sospetta cancerogena.
FASANO GIUSI
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RISPOSTA DI ANDREA ROSSI:
COMMENTO ALL’ARTICOLO DE “IL CORRIERE DELLA SERA” DEL 6 APRILE 1995
Per questo articolo la risposta viene rilasciata direttamente dall’Ing Andrea Rossi
“Questo Articolo del Corriere della Sera si riferisce alla pietra miliare che ha determinato poi il fallimento di tutto il gruppo industriale di Andrea Rossi, il cui nucleo era costituito dalla OMAR-Petroldragon.
Come già e’ visto in altri articoli dei quotidiani dell’epoca, la ‘banda delle bonifiche’ non era mai riuscita mai a vincere contro il sottoscritto finchè mi era possibile difendermi; sono infatti sempre riuscito, con battaglie legali inenarrabili, a farmi puntualmente dissequestrare gli impianti bloccati dalla pubblica autorità, riuscendo, così, a mantenere in piedi l’attività lavorativa.
Come se il fine ultimo fosse quello di togliermi di mezzo e di impedirmi, così, di agire efficacemente in mia difesa, vengono lanciate tutte le accuse riportate da questo articolo di giornale.
La St.Andrè era un’azienda che si occupava di preziosi, creata da me al fine di recuperare e commercializzare l’argento e l’oro che venivano recuperati dai miei impianti in seguito ai processi di lavorazione di materiali quali gli scarti di pellicole e gli scarti elettronici.
Era infatti molto più conveniente, da un punto di vista imprenditoriale, commercializzare direttamente in gioielli piuttosto che vendere i metalli grezzi che avanzavano dai processi di produzione.
Con queste finalità era nata la St.Andrè e, in poco tempo, si era talmente sviluppata da potersi permettere una continuativa e redditizia attività di commercializzazione di oro e preziosi in tutto il mondo.
Pizzato era un fornitore di metalli preziosi, di cui la St.Andrè si avvaleva nella propria attività di lavorazione ed esportazione dei preziosi.
La mattina del 23 marzo, alle 4 del mattino la Guardia di Finanza arrestò il sottoscritto e  Pizzato ipotizzando che tutto il traffico di materiali tra la mia azienda e Pizzato, fosse fasullo.
Intervenirono immediatamente, come facilmente intuibile, tutti i giornali e le televisioni che già precedentemente si erano con tanto “zelo” occupate della mia persona e delle mie aziende; lo fecero, chiaramente, col lo stesso “zelo” e lo stesso allarmismo che avevano già contraddistinto tutti gli articoli scritti e cha avrebbero contraddistinto anche tutti quelli futuri.
Venni messo in prigione e, come se non bastasse, addirittura in isolamento. Da quella cella non potevo fare altro che assistere, imparando quanto accadeva dalla televisione, allo sfacelo delle mie attività ed alla denigrazione del mio nome.
Ora non potevo fare assolutamente nulla per difendermi e per cercare di rimediare ad una situazione che, giorno dopo giorno, portava il gruppo Omar-Petroldragon, impossibilitato a continuare la propria necessaria attività lavorativa, alla rovina economica.
Nel corso della mia attività lavorativa, al fine di realizzare e potenziare gli impianti di produzione, gli investimenti fatti erano sempre stati ingenti ed importanti e, comprensibilmente, l’esposizione presso le banche era molto alta. Tutto il mio patrimonio personale e di famiglia, era da sempre stato messo a garanzia dei fidi e dei prestiti necessari a costruire, nel tempo, un gruppo industriale importante come quello della Omar-Petroldragon.
Provate ad immaginare cosa  accadde visto che il titolare del gruppo, il sottoscritto, era in galera e quindi impossibilitato a difendersi, a spiegare, a recarsi presso le banche; è facile intuirlo: i clienti ne approfittarono per non pagare le fatture dei prodotti acquistati, le banche chiesero l’immediato rientro di tutti i fidi e di tutti i prestiti e cominciarono a rifarsi sul capitale mobiliare ed immobiliare delle aziende nonché sulle garanzie.
Tutto questo aggravato dal clima di terrore messo in piazza da coloro che sarebbero poi diventati i  “bonificatori” ed i “risolutori” della “tragica” situazione ambientale lasciata dal gruppo industriale, confortati dal valido aiuto dei media.
Ed ecco il gridare al “.. delinqunte Rossi…”, “… un pericolo pubblico…”, “… serbatoi pieni di veleni…” , “disastro ambientale…”.
Tutto questo clima portò in brevissimo tempo al sequestro ed alle confisca di tutti gli impianti e di tutto il materiale che fino a poco prima era regolare oggetto di transazioni commerciali, e che all’improvviso era diventato “rifiuto tossico” e “veleno”.
Io ero in carcere e non potevo difendermi, come ero invece riuscito a fare fino ad allora, e ci restai per ben 4 anni.
L’attacco venne portato dalle Procure di Milano, sede legale e commerciale della St.Andrè-Oreficeria Italiana, e di Ariano Irpino, in provincia di Avellino, dove la St.Andrè aveva lo stabilimento e 40 dipendenti assunti.
All’inizio del processo il Magistrato inquirente si era vantato di aver raccolto contro Andrea Rossi 120.000 pagine di atti, ed aveva annunciato alla pubblica piazza richieste di pene severissime, nell’ordine dei 20 anni di galera. Evidentemente le sue erano 120.000 pagine di argomenti poco consistenti, visto che il Giudice già in Primo Grado assolse me e Pizzato da tutti i reati per i quali eravamo stati arrestati ed incarcerati e chiese solo pochi mesi di condanna per semplici irregolarità contabili, condanna poi completamente annullata in sede di Appello.
Ed i documenti di vendita dell’oro ritenuti irregolari? Tutti regolari! I documenti di importazione ed esportazione dei preziosi? Tutti regolari! I pagamenti in contanti? Il riciclaggio di denaro sporco? Nessuna traccia di irregolarità, anche perché tutte le transazioni economiche erano eseguite con bonifici ed assegni non trasferibili, mai in contanti!
La procura di Ariano Irpino, addirittura, prosciolse il sottoscritto e tutti i coimputati in istruttoria, senza neppure arrivare al processo con la motivazione che: “…mancano le prove necessarie per potere sostenere le accuse in un processo…”.
Ovviamente tutte le assoluzioni sono arrivate quando ormai la grande “mangiatoia” delle bonifiche era già arrivata a conclusione e dopo che le mie aziende erano definitivamente fallite.
Ho dovuto così subire anche tutti i successivi processi derivanti dalla loro bancarotta (da me, come penso sia ovvio, né voluta né provocata).
Il vero obiettivo di tutta questa vicenda, potrebbe quasi sembrare non quello di condannarmi per le irregolarità legate alla gestione dell’oreficeria di cui ero titolare, bensì il togliermi di mezzo e rendermi inoffensivo rinchiudendomi in una prigione, per poter così attuare la grande “mangiata delle bonifiche” e per potersi sbarazzare di un pericoloso concorrente che, svolgendo la propria attività, riusciva a rendere appetibile alle industrie italiane l’affidare al mio gruppo gli scarti di produzione delle proprie attività, togliendoli così dalla disponibilità di coloro che avrebbero al mio posto voluto impossessarsene al fine di attuare un diverso sistema di “trattamento” dei rifiuti speciali.
Ricordo che le bonifiche effettuate sulle sostanze contenute nei serbatoi di Omar e di Petroldragon, sostanze che fino alla chiusura dell’attività produttiva del gruppo erano fonte di commercializzazione e di guadagno, non “rifiuti” da smaltire, sono costate dalle 3 alle 4 volte in più rispetto al prezzo di mercato.
Non voglio in nessun modo accusare magistrati, giornalisti o Pubblici Ufficiali di “accordi segreti” con i cosiddetti “bonificatori” o con organizzazioni criminali, ci mancherebbe; dico solo che a tutti gli effetti, le conseguenze di quanto  accaduto e di quanto è stato fatto, sono quelle precedentemente descritte.
In aggiunta a quanto già detto, mi permetto di rispondere anche ad un altro punto esposto dal giornalista che ha scritto questo articolo: tra le righe si legge l’accusa alla Petroldragon di “essere stata sorpresa” a scaricare delle sostanze all’interno dei serbatoi della Omar. Ma dove altro avrebbe dovuto trasportare tali sostanze se non alla raffineria Omar per farle distillare? Questa operazione di carico e scarico era cosa che avveniva regolarmente e sotto lo stretto controllo della Guardia di Finanza. La simbiosi tra le due aziende avveniva proprio con l’operazione di raffinazione da parte della Omar dei semilavorati della Petroldragon ed il tutto avveniva con continui e monitorati trasporti di prodotti tra le due strutture.
Ultima cosa non vera: il PCP era assente e non era mai stato trattato dagli stabilimenti della Petroldragon.”
ANDREA ROSSI

Link all’articolo presso il sito de “Il Corriere della Sera”

RTICOLO ORIGINALE:

Corriere della Sera – 06 aprile 1995 —   pagina 49

Manette bis per Andrea Rossi

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(15. Ottobre 2012)

Risposta art. Corriere della Sera 09-03-1994

Link all’articolo presso il sito de “Il Corriere della Sera”
RTICOLO ORIGINALE:
Corriere della Sera – 09 marzo 1994 —   pagina 41
http://archiviostorico.corriere.it/1994/marzo/09/petrolio_dai_rifiuti_inservibile_tossico_co_0_94030910061.shtml
Petrolio dai rifiuti? Inservibile e tossico
la Regione ha ordinato la chiusura degli stabilimenti della PETROL DRAGON e la revoca delle autorizzazioni alla raccolta e allo stoccaggio dei rifiuti tossico nocivi. il proprietario Andrea Rossi era l’ inventore del brevetto per trasformare i rifiuti tossici in petrolio greggio
Cala il sipario sulla Petrol Dragon di Andrea Rossi, l’ inventore del “miracoloso” brevetto per trasformare i rifiuti tossici in “petrolio greggio”. Ieri la Regione ha notificato a Rossi, titolare della “Omar” di Lacchiarella (un’ ex raffineria riconvertita in complesso chimico), la revoca delle autorizzazioni alla raccolta e allo stoccaggio dei rifiuti tossico nocivi. Tutto il “liquido Petrol Dragon” accumulato nei serbatoi (tra le 40 e le 100 mila tonnellate, per il “Pirellone”) dovra’ essere smaltito secondo un rigoroso piano di bonifica che entro tre mesi, sotto la tutela della Provincia, dovrebbe scongiurare “ogni possibile causa di inquinamento del suolo, dell’ acqua e dell’ aria”. L’ operazione, dicono i funzionari dell’ assessorato regionale all’ Ecologia, costera’ al “mago del petrolio” non meno di 50 60 miliardi. Come mai un deposito di “materie prime secondarie”, come ha sempre sostenuto Rossi, e’ diventato per la Regione un “enorme pericolo sanitario e ambientale alle porte di Milano”? In realta’ il verdetto scientifico sulla Petrol Dragon era gia’ stato emesso il 16 marzo ‘ 93 dalla Commissione interministeriale incaricata di collaudare la bonta’ del brevetto. Dopo un anno di lavoro, gli esperti governativi avevano concluso che “il ciclo di lavorazione attuato esula dalle finalita’ specifiche previste dalla legge che disciplina la lavorazione e il trattamento degli oli minerali e la conseguente concessione interministeriale per la quale la Commissione e’ stata convocata”. Le attivita’ della Omar di Lacchiarella, insomma, non avevano nulla a che vedere con i “prodotti fiscalmente assimilabili a olio greggio”, una categoria merceologica introdotta nell’ 82 grazie a una leggina promossa da Dc e Psi. In base alle analisi di laboratorio, gli idrocarburi non superavano il 3 per cento: il resto del prodotto era formato da acqua (23%) e per tre quarti da un cocktail di solventi industriali, tanto acidi da mettere in serio pericolo le stesse colonne di distillazione. Il giorno stesso Andrea Rossi incasso’ il colpo da sportivo, comunicando al ministero la rinuncia definitiva alla concessione. A Lacchieralla, comunque, l’ attivita’ era andata avanti. “Abbiamo messo definitivamente la parola fine, commenta ora Carlo Monguzzi, assessore regionale all’ Ecologia, alla telenovela sul petrolio dai rifiuti. E’ indispensabile, nel settore dello smaltimento dei rifiuti industriali, attuare una completa pulizia da operatori senza scrupoli, fornendo invece certezza agli operatori qualificati”. La decisione regionale e’ stata sicuramente accelerata dall’ episodio del 14 dicembre scorso. Il Corpo Forestale dello Stato aveva sequestrato un’ autocisterna, proveniente dal deposito Petrol Dragon di Piossasco (Torino), che stava scaricando circa 10 tonnellate di liquami nei serbatoi della Omar. Rifiuti tossico nocivi trasportati senza autorizzazione, scoprirono le guardie forestali, e talmente contaminati dal Pcb (polidiclorodifenile, altamente tossico) da risultare proibitivi per qualsiasi impianto di smaltimento lombardo. L’ intero complesso era finito sotto sequestro, e nemmeno il ricorso presentato dall’ avvocato Raffaele Della Valle, legale della Petrol Dragon, aveva convinto i giudici del Tribunale della liberta’ . Le analisi sul carico sequestrato, svolte dal Presidio multizonale di igiene e prevenzione di Parabiago, avevano confermato un’ altissima concentrazione di Pcb. Respingendo il ricorso, il collegio aveva sottolineato l’ assenza di “fatture commerciali relative ai prodotti ricavati dal riutilizzo dei reflui in questione”. La motivazione e’ analoga a quella del pretore milanese Maria Rosaria Marasco, che il 23 marzo scorso aveva condannato Rossi a 8 mesi di arresto per stoccaggio e smaltimento abusivo di rifiuti proprio a Lacchiarella. Il ridotto giro d’ affari della Omar e l’ esigua quantita’ di “petrolio” effettivamente distillata, scriveva il giudice, “indicano in maniera inequivoca che la precipua attivita’ svolta in Lacchiarella fosse quella dello stoccaggio delle sostanze tossico nocive”. E aggiungeva un particolare curioso: tra i migliori clienti della Petrol Dragon figurava una cartiera in provincia di Frosinone, che tra il gennaio ‘ 91 e il marzo ‘ 92 aveva acquistato 600 tonnellate di combustibile autarchico. Peccato che la fabbrica avesse cessato la produzione fin dal ‘ 90.Castoldi Marco
Cala il sipario sulla Petrol Dragon di Andrea Rossi, l’ inventore del “miracoloso” brevetto per trasformare i rifiuti tossici in “petrolio greggio”. Ieri la Regione ha notificato a Rossi, titolare della “Omar” di Lacchiarella (un’ ex raffineria riconvertita in complesso chimico), la revoca delle autorizzazioni alla raccolta e allo stoccaggio dei rifiuti tossico nocivi. Tutto il “liquido Petrol Dragon” accumulato nei serbatoi (tra le 40 e le 100 mila tonnellate, per il “Pirellone”) dovra’ essere smaltito secondo un rigoroso piano di bonifica che entro tre mesi, sotto la tutela della Provincia, dovrebbe scongiurare “ogni possibile causa di inquinamento del suolo, dell’ acqua e dell’ aria”. L’ operazione, dicono i funzionari dell’ assessorato regionale all’ Ecologia, costera’ al “mago del petrolio” non meno di 50 60 miliardi. Come mai un deposito di “materie prime secondarie”, come ha sempre sostenuto Rossi, e’ diventato per la Regione un “enorme pericolo sanitario e ambientale alle porte di Milano”? In realta’ il verdetto scientifico sulla Petrol Dragon era gia’ stato emesso il 16 marzo ‘ 93 dalla Commissione interministeriale incaricata di collaudare la bonta’ del brevetto. Dopo un anno di lavoro, gli esperti governativi avevano concluso che “il ciclo di lavorazione attuato esula dalle finalita’ specifiche previste dalla legge che disciplina la lavorazione e il trattamento degli oli minerali e la conseguente concessione interministeriale per la quale la Commissione e’ stata convocata”. Le attivita’ della Omar di Lacchiarella, insomma, non avevano nulla a che vedere con i “prodotti fiscalmente assimilabili a olio greggio”, una categoria merceologica introdotta nell’ 82 grazie a una leggina promossa da Dc e Psi. In base alle analisi di laboratorio, gli idrocarburi non superavano il 3 per cento: il resto del prodotto era formato da acqua (23%) e per tre quarti da un cocktail di solventi industriali, tanto acidi da mettere in serio pericolo le stesse colonne di distillazione. Il giorno stesso Andrea Rossi incasso’ il colpo da sportivo, comunicando al ministero la rinuncia definitiva alla concessione. A Lacchieralla, comunque, l’ attivita’ era andata avanti. “Abbiamo messo definitivamente la parola fine, commenta ora Carlo Monguzzi, assessore regionale all’ Ecologia, alla telenovela sul petrolio dai rifiuti. E’ indispensabile, nel settore dello smaltimento dei rifiuti industriali, attuare una completa pulizia da operatori senza scrupoli, fornendo invece certezza agli operatori qualificati”. La decisione regionale e’ stata sicuramente accelerata dall’ episodio del 14 dicembre scorso. Il Corpo Forestale dello Stato aveva sequestrato un’ autocisterna, proveniente dal deposito Petrol Dragon di Piossasco (Torino), che stava scaricando circa 10 tonnellate di liquami nei serbatoi della Omar. Rifiuti tossico nocivi trasportati senza autorizzazione, scoprirono le guardie forestali, e talmente contaminati dal Pcb (polidiclorodifenile, altamente tossico) da risultare proibitivi per qualsiasi impianto di smaltimento lombardo. L’ intero complesso era finito sotto sequestro, e nemmeno il ricorso presentato dall’ avvocato Raffaele Della Valle, legale della Petrol Dragon, aveva convinto i giudici del Tribunale della liberta’ . Le analisi sul carico sequestrato, svolte dal Presidio multizonale di igiene e prevenzione di Parabiago, avevano confermato un’ altissima concentrazione di Pcb. Respingendo il ricorso, il collegio aveva sottolineato l’ assenza di “fatture commerciali relative ai prodotti ricavati dal riutilizzo dei reflui in questione”. La motivazione e’ analoga a quella del pretore milanese Maria Rosaria Marasco, che il 23 marzo scorso aveva condannato Rossi a 8 mesi di arresto per stoccaggio e smaltimento abusivo di rifiuti proprio a Lacchiarella. Il ridotto giro d’ affari della Omar e l’ esigua quantita’ di “petrolio” effettivamente distillata, scriveva il giudice, “indicano in maniera inequivoca che la precipua attivita’ svolta in Lacchiarella fosse quella dello stoccaggio delle sostanze tossico nocive”. E aggiungeva un particolare curioso: tra i migliori clienti della Petrol Dragon figurava una cartiera in provincia di Frosinone, che tra il gennaio ‘ 91 e il marzo ‘ 92 aveva acquistato 600 tonnellate di combustibile autarchico. Peccato che la fabbrica avesse cessato la produzione fin dal ‘ 90.
CASTOLDI MARCO
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RISPOSTA DI ANDREA ROSSI:
COMMENTO ALL’ARTICOLO DE “IL CORRIERE DELLA SERA” DEL 9 MARZO 1994
Questo articolo non è che la conferma di quanto già espresso in altri: le 60.000 tonnellate di materia prima che il gruppo Omar-Petroldragon doveva distillare nella propria raffineria, vengono definite per legge “rifiuti” e per questo motivo tutto viene messo sotto sequestro. In realtà mai, prima di allora, anche in base a precise sentenze della Sprema Corte di Cassazione, le materie prime oggetto della lavorazione erano state considerate “rifiuti”.
La raffineria Omar, nata per raffinare i semilavorati della Petroldragon, non aveva e non poteva avere le autorizzazioni relative allo smaltimento dei rifiuti, proprio perché il trattamento dei rifiuti non era mai stata la sua attività e perché non era nata per questo scopo.
Con questo sistema la Regione, grazie anche al compiacente aiuto di una stampa particolarmente allarmista, ha cancellato in poco tempo un gruppo industriale che da sempre aveva lavorato sotto lo stretto controllo di UTF e della Guardia di Finanza e che, nel corso della propria attività, aveva pagato centinaia di milioni delle vecchie lire in Imposte di Fabbricazione.
Come conseguenza di questa azione, i “rifiuti” precedentemente oggetto della lavorazione del gruppo industriale Omar-Petroldragon, hanno cominciato ad essere “trattati” da altri.
Se qualcuno fosse interessato a capire chi abbia potuto beneficiare di questo forzato cambiamento degli attori sulla scena, si consiglia di informarsi su chi ha acquisito il monopolio del trattamento dei rifiuti industriali in quegli anni in seguito all’abbattimento del gruppo industriale capitanato da Andrea Rossi.
In riferimento al verdetto scientifico emesso dalla Commissione Interministeriale, vorremmo controbattere che il suo significato è stato completamente stravolto dal giornalista: la Commissione Interministeriale giudicò idonea la produzione della Omar, ed arrivò anche a deciderne la liberazione dall’accisa prevista per i prodotti petroliferi normali, poiché non derivante da idrocarburi. Un testo che aveva riconosciuto in pieno il merito della tecnologia e che, proprio come conseguenza di questo riconoscimento,  l’aveva perfino sgravata da accise eccessive, è stato ribaltato nel suo significato allo scopo di infangare l’immagine della Omar, forse con l’idea di rinforzare il discorso utilizzando una citazione “ufficiale”, benchè non vera.
Chi ha successivamente giovato della chiusura degli stabilimenti Omar-Petroldragon, acquisendo il monopolio di tutta l’attività di smaltimento dei rifiuti industriali, dovrebbe essere enormemente grato a chi, con tanta abile e pronta capacità di diffondere tesi e teorie non dimostrate e non dimostrabili, ha contribuito al raggiungimento di tale risultato.
Gli stabilimenti di Omar e di Petroldragon i “rifiuti” li stivavano in serbatoi collegati con colonne di distillazione e dotati di tutti i sistemi di sicurezza e di prevenzione previsti, chissà se i “beneficiari” prima menzionati hanno scelto di “trattare” i rifiuti nello stesso modo…
Per quanto riguarda i carichi che dai serbatoi di stoccaggio della Petroldragon venivano inviati alla Omar la prassi era molto semplice e quotidianamente adottata: i semilavorati della Petroldragon venivano inviati per la distillazione alla Omar, previo constante controllo e campionature effettuare carico per carico dalla Guardia di Finanza.
Dal momento in cui i semilavorati sono stati classificati per legge come “rifiuti”, e non più come prodotti commerciabili, allora tutti i trasporti degli stessi sono diventati irregolari e sequestrabili.
I sequestri sono così scattati per tutto il prodotto in magazzino pronto alla lavorazione e per tutto il prodotto lavorato pronto per la vendita. I prodotti (da sempre venduti e fonte di reddito) sono improvvisamente diventati “rifiuti” e in quanto tali oggetto di una necessaria e costosissima futura bonifica (costata dalle tre alle quattro volte il prezzo di mercato).
Circa la citata Cartiera che il giornalista ha definito fantasma, può essere interessante rendere noto che l’amministratore di tale fantasma è intervenuto in tribunale per uno dei processi sostenuti da Andrea Rossi, per testimoniare il suo costante e regolare utilizzo per la propria attività lavorativa degli oli combustibili prodotti dalla Omar ed anche per raccontare del sequestro della propria azienda motivato dal solo aver comprato ed utilizzato prodotti che dall’oggi al domani erano diventati “rifiuti” e quindi vincolati a specifiche autorizzazioni per il loro trattamento.
Sorte analoga è toccata a gran parte dei clienti della Omar, che si sono visti porre sotto sequestro le proprie aziende per la mancanza delle adeguate autorizzazioni al trattamento dei rifiuti, autorizzazioni diventate necessarie vista la definizione di “rifiuto speciale” attribuito per legge a tutto il materiale in entrata ed in uscita dai gruppi industriali di Andrea Rossi.
Con questo sotterfugio si è creata terra bruciata intorno agli stabilimenti, che hanno definitivamente perso tutti i propri clienti e, conseguentemente, ogni fonte di sostentamento.
ANDREA ROSSI

Link all’articolo presso il sito de “Il Corriere della Sera”

ARTICOLO ORIGINALE:

Corriere della Sera – 09 marzo 1994 —   pagina 41

Petrolio dai rifiuti? Inservibile e tossico

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(15. Ottobre 2012)

Risposta art. La Repubblica del 26-07-1989

Link all’articolo presso il sito di “La Repubblica”
ARTICOLO ORIGINALE:
La Repubblica – 26 luglio 1989 —   pagina 14   – sezione: CRONACA
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/07/26/storia-di-rifiuti-tossici-miliardi-supertruffe.html
STORIA DI RIFIUTI TOSSICI MILIARDI E SUPERTRUFFE
MILANO. Come diventare ricchi e famosi comprando rifiuti tossici dalle aziende e non smaltendoli, ma trasformandoli in un improbabile petrolio marca Rossi. E’ una storia molto attuale, una storia fatta di immondizia, di miliardi e di una grande abilità nello sfruttare l’ ondata ecologica. Per anni Andrea Rossi, 39 anni, padrone della Petrol Dragon, inventore, autore di un libro su come estrarre benzina o gasolio dai rifiuti, ha fatto fortuna. Diceva che era in grado di tirare fuori petrolio dai rifiuti, che era un perseguitato delle grandi aziende petrolifere, un incompreso. Ma ieri mattina le Fiamme gialle di Monza con la collaborazione dei gruppi di Bergamo e Legnano, coordinate dal comando della terza Legione, hanno sigillato l’ impianto di smaltimento di rifiuti di Caponago della Petrol Dragon, l’ azienda leader di Rossi e altri sei depositi di rifiuti industriali a Lacchiarella, Airuno, Piossasco, Acquanegra, Dresano e Zanica. Per l’ inventore del petrolio Rossi il pretore di Monza Ambrogio Moccia ha emesso una comunicazione giudiziaria per smaltimento continuato di rifiuti tossici e nocivi e rifiuti speciali senza autorizzazione. Dicono alla Guardia di Finanza: Le nostre indagini hanno consentito di stabilire che il cosiddetto petrolio che proveniva da Caponago non ha mai avuto collocazione sul mercato. Fatte le analisi è risultato che la sostanza è un miscuglio di rifiuti tossici non trattati contenenti solventi chimici altamente dannosi e con accentuata presenza di cloro e acido solforico. Insomma una vera e propria bomba altamente pericolosa. Ma sembra che ci sia di più. In almeno uno dei depositi sarebbero state trovate tracce di diossina, il pericolosissimo veleno della tragedia di Seveso. Sempre la Guardia di Finanza parla di una attività che avrebbe potuto potenzialmente costituire un serio pericolo per le popolazioni delle zone vicine ai depositi. Il meccanismo, denunciato nel marzo dal consigliere regionale Emilio Molinari, oggi dei Verdi arcobaleno, era semplice. Rossi e una serie di ditte a lui legate ritiravano dalle aziende rifiuti tossici e per questo venivano pagati intorno alle 400 lire al chilogrammo. Ufficialmente poi iniziavano le operazioni di trasformazione dei rifiuti in idrocarburi (condizione necessaria per permettere lo stoccaggio), ma non c’ era nessuna ripulitura e ai riciclatori restava in tasca una consistente fetta delle 400 lire. Si calcola che in questi anni Rossi abbia incassato almeno 16 miliardi. La Guardia di Finanza aveva già messo l’ inventore sotto le sue cure all’ inizio del 1989, ma le indagini hanno avuto una accelerata alla fine di giugno quando sono state individuate una serie di ditte che smaltivano rifiuti tossico-nocivi attraverso società ritenute di comodo. Seguendo questa pista il magistrato e i finanzieri hanno ritenuto di mettere sotto sequestro i depositi del Rossi e di inviare comunicazione giudiziaria, oltre che all’ inventore del petrolio fatto con i rifiuti ad altre quattro persone: Giovanni Madonnini amministratore unico della Procom Fertil Srl, Mario Ruzza, amministratore della Autoservizi industriali, e di due precedenti amministratori della Procom Fertil e della Ambrosiana Italfert.GUIDO PASSALACQUA
MILANO. Come diventare ricchi e famosi comprando rifiuti tossici dalle aziende e non smaltendoli, ma trasformandoli in un improbabile petrolio marca Rossi. E’ una storia molto attuale, una storia fatta di immondizia, di miliardi e di una grande abilità nello sfruttare l’ ondata ecologica. Per anni Andrea Rossi, 39 anni, padrone della Petrol Dragon, inventore, autore di un libro su come estrarre benzina o gasolio dai rifiuti, ha fatto fortuna. Diceva che era in grado di tirare fuori petrolio dai rifiuti, che era un perseguitato delle grandi aziende petrolifere, un incompreso. Ma ieri mattina le Fiamme gialle di Monza con la collaborazione dei gruppi di Bergamo e Legnano, coordinate dal comando della terza Legione, hanno sigillato l’ impianto di smaltimento di rifiuti di Caponago della Petrol Dragon, l’ azienda leader di Rossi e altri sei depositi di rifiuti industriali a Lacchiarella, Airuno, Piossasco, Acquanegra, Dresano e Zanica. Per l’ inventore del petrolio Rossi il pretore di Monza Ambrogio Moccia ha emesso una comunicazione giudiziaria per smaltimento continuato di rifiuti tossici e nocivi e rifiuti speciali senza autorizzazione. Dicono alla Guardia di Finanza: Le nostre indagini hanno consentito di stabilire che il cosiddetto petrolio che proveniva da Caponago non ha mai avuto collocazione sul mercato. Fatte le analisi è risultato che la sostanza è un miscuglio di rifiuti tossici non trattati contenenti solventi chimici altamente dannosi e con accentuata presenza di cloro e acido solforico. Insomma una vera e propria bomba altamente pericolosa. Ma sembra che ci sia di più. In almeno uno dei depositi sarebbero state trovate tracce di diossina, il pericolosissimo veleno della tragedia di Seveso. Sempre la Guardia di Finanza parla di una attività che avrebbe potuto potenzialmente costituire un serio pericolo per le popolazioni delle zone vicine ai depositi. Il meccanismo, denunciato nel marzo dal consigliere regionale Emilio Molinari, oggi dei Verdi arcobaleno, era semplice. Rossi e una serie di ditte a lui legate ritiravano dalle aziende rifiuti tossici e per questo venivano pagati intorno alle 400 lire al chilogrammo. Ufficialmente poi iniziavano le operazioni di trasformazione dei rifiuti in idrocarburi (condizione necessaria per permettere lo stoccaggio), ma non c’ era nessuna ripulitura e ai riciclatori restava in tasca una consistente fetta delle 400 lire. Si calcola che in questi anni Rossi abbia incassato almeno 16 miliardi. La Guardia di Finanza aveva già messo l’ inventore sotto le sue cure all’ inizio del 1989, ma le indagini hanno avuto una accelerata alla fine di giugno quando sono state individuate una serie di ditte che smaltivano rifiuti tossico-nocivi attraverso società ritenute di comodo. Seguendo questa pista il magistrato e i finanzieri hanno ritenuto di mettere sotto sequestro i depositi del Rossi e di inviare comunicazione giudiziaria, oltre che all’ inventore del petrolio fatto con i rifiuti ad altre quattro persone: Giovanni Madonnini amministratore unico della Procom Fertil Srl, Mario Ruzza, amministratore della Autoservizi industriali, e di due precedenti amministratori della Procom Fertil e della Ambrosiana Italfert.
GUIDO PASSALACQUA
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RISPOSTA DI ANDREA ROSSI:
COMMENTO ALL’ARTICOLO DE “LA REPUBBLICA” DEL 26 LUGLIO 1989
In risposta a questo articolo, basti dire che dopo 8 mesi di sequestro, ed a seguito delle indagini, dei rilievi e delle analisi, gli impianti sono stati dissequestrati e la Petroldragon ha continuato a svolgere regolarmente il proprio lavoro; il tutto poi sotto il costante controllo della Guardia di Finanza dal momento che sul materiale prodotto doveva essere pagata l’Imposta di Fabbricazione e dal momento che tutti i movimenti e le analisi carico/scarico dei prodotti in entrata ed in uscita, dovevano essere annotati sui registri della Finanza; tutte le analisi venivano costantemente effettuate all’interno dei laboratori della Dogana.
Palesemente di parte è il tono dell’articolo, dove tutto viene raccontato con una connotazione della vicenda tra il catastrofico ed il delinquenziale, mentre saranno nulli, a conti fatti, i risultati concreti di quanto raccontato con tanto senso di condanna. Rossi infatti è, in questo momento,  ancora a piede libero ed ha ancora la possibilità di difendersi, cosa che non avrà più successivamente, quando, proprio per impedirgli ogni possibilità di reazione, viene imprigionato e reso incapace di agire.
Un dato interessantissimo che spicca dall’articolo di giornale, è la citazione del prezzo di mercato per il ritiro dei rifiuti, valutato intorno alle 400 lire per chilogrammo; i bonificatori, che in un futuro piuttosto vicino verranno incaricati di ritirare e smaltire gli stessi rifiuti, faranno pagare alla Regione il quadruplo di questa cifra, ed a tale assurda richiesta di esborso, non verrà posto alcuna opposizione …. lascio immaginare al lettore quale potesse essere il motivo di tale apparentemente inspiegabile spreco di soldi pubblici…
In definitiva in questo articolo della Repubblica vengono illustrate, con tono volutamente allarmistico, solo notizie che il reale svolgersi dei successivi fatti dimostrerà essere non vere. Al sequestro seguirà in pochi mesi il completo dissequestro, e questo sarebbe stato impossibile se quanto esposto nell’articolo fosse stato, anche solo in piccola parte, vero.
ANDREA ROSSI

Link all’articolo presso il sito di “La Repubblica”

ARTICOLO ORIGINALE:

La Repubblica – 26 luglio 1989 —   pagina 14   – sezione: CRONACA

STORIA DI RIFIUTI TOSSICI MILIARDI E SUPERTRUFFE

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(15. Ottobre 2012)