Risposta art. Corriere della Sera 09-03-1994

Link all’articolo presso il sito de “Il Corriere della Sera”
RTICOLO ORIGINALE:
Corriere della Sera – 09 marzo 1994 —   pagina 41
http://archiviostorico.corriere.it/1994/marzo/09/petrolio_dai_rifiuti_inservibile_tossico_co_0_94030910061.shtml
Petrolio dai rifiuti? Inservibile e tossico
la Regione ha ordinato la chiusura degli stabilimenti della PETROL DRAGON e la revoca delle autorizzazioni alla raccolta e allo stoccaggio dei rifiuti tossico nocivi. il proprietario Andrea Rossi era l’ inventore del brevetto per trasformare i rifiuti tossici in petrolio greggio
Cala il sipario sulla Petrol Dragon di Andrea Rossi, l’ inventore del “miracoloso” brevetto per trasformare i rifiuti tossici in “petrolio greggio”. Ieri la Regione ha notificato a Rossi, titolare della “Omar” di Lacchiarella (un’ ex raffineria riconvertita in complesso chimico), la revoca delle autorizzazioni alla raccolta e allo stoccaggio dei rifiuti tossico nocivi. Tutto il “liquido Petrol Dragon” accumulato nei serbatoi (tra le 40 e le 100 mila tonnellate, per il “Pirellone”) dovra’ essere smaltito secondo un rigoroso piano di bonifica che entro tre mesi, sotto la tutela della Provincia, dovrebbe scongiurare “ogni possibile causa di inquinamento del suolo, dell’ acqua e dell’ aria”. L’ operazione, dicono i funzionari dell’ assessorato regionale all’ Ecologia, costera’ al “mago del petrolio” non meno di 50 60 miliardi. Come mai un deposito di “materie prime secondarie”, come ha sempre sostenuto Rossi, e’ diventato per la Regione un “enorme pericolo sanitario e ambientale alle porte di Milano”? In realta’ il verdetto scientifico sulla Petrol Dragon era gia’ stato emesso il 16 marzo ‘ 93 dalla Commissione interministeriale incaricata di collaudare la bonta’ del brevetto. Dopo un anno di lavoro, gli esperti governativi avevano concluso che “il ciclo di lavorazione attuato esula dalle finalita’ specifiche previste dalla legge che disciplina la lavorazione e il trattamento degli oli minerali e la conseguente concessione interministeriale per la quale la Commissione e’ stata convocata”. Le attivita’ della Omar di Lacchiarella, insomma, non avevano nulla a che vedere con i “prodotti fiscalmente assimilabili a olio greggio”, una categoria merceologica introdotta nell’ 82 grazie a una leggina promossa da Dc e Psi. In base alle analisi di laboratorio, gli idrocarburi non superavano il 3 per cento: il resto del prodotto era formato da acqua (23%) e per tre quarti da un cocktail di solventi industriali, tanto acidi da mettere in serio pericolo le stesse colonne di distillazione. Il giorno stesso Andrea Rossi incasso’ il colpo da sportivo, comunicando al ministero la rinuncia definitiva alla concessione. A Lacchieralla, comunque, l’ attivita’ era andata avanti. “Abbiamo messo definitivamente la parola fine, commenta ora Carlo Monguzzi, assessore regionale all’ Ecologia, alla telenovela sul petrolio dai rifiuti. E’ indispensabile, nel settore dello smaltimento dei rifiuti industriali, attuare una completa pulizia da operatori senza scrupoli, fornendo invece certezza agli operatori qualificati”. La decisione regionale e’ stata sicuramente accelerata dall’ episodio del 14 dicembre scorso. Il Corpo Forestale dello Stato aveva sequestrato un’ autocisterna, proveniente dal deposito Petrol Dragon di Piossasco (Torino), che stava scaricando circa 10 tonnellate di liquami nei serbatoi della Omar. Rifiuti tossico nocivi trasportati senza autorizzazione, scoprirono le guardie forestali, e talmente contaminati dal Pcb (polidiclorodifenile, altamente tossico) da risultare proibitivi per qualsiasi impianto di smaltimento lombardo. L’ intero complesso era finito sotto sequestro, e nemmeno il ricorso presentato dall’ avvocato Raffaele Della Valle, legale della Petrol Dragon, aveva convinto i giudici del Tribunale della liberta’ . Le analisi sul carico sequestrato, svolte dal Presidio multizonale di igiene e prevenzione di Parabiago, avevano confermato un’ altissima concentrazione di Pcb. Respingendo il ricorso, il collegio aveva sottolineato l’ assenza di “fatture commerciali relative ai prodotti ricavati dal riutilizzo dei reflui in questione”. La motivazione e’ analoga a quella del pretore milanese Maria Rosaria Marasco, che il 23 marzo scorso aveva condannato Rossi a 8 mesi di arresto per stoccaggio e smaltimento abusivo di rifiuti proprio a Lacchiarella. Il ridotto giro d’ affari della Omar e l’ esigua quantita’ di “petrolio” effettivamente distillata, scriveva il giudice, “indicano in maniera inequivoca che la precipua attivita’ svolta in Lacchiarella fosse quella dello stoccaggio delle sostanze tossico nocive”. E aggiungeva un particolare curioso: tra i migliori clienti della Petrol Dragon figurava una cartiera in provincia di Frosinone, che tra il gennaio ‘ 91 e il marzo ‘ 92 aveva acquistato 600 tonnellate di combustibile autarchico. Peccato che la fabbrica avesse cessato la produzione fin dal ‘ 90.Castoldi Marco
Cala il sipario sulla Petrol Dragon di Andrea Rossi, l’ inventore del “miracoloso” brevetto per trasformare i rifiuti tossici in “petrolio greggio”. Ieri la Regione ha notificato a Rossi, titolare della “Omar” di Lacchiarella (un’ ex raffineria riconvertita in complesso chimico), la revoca delle autorizzazioni alla raccolta e allo stoccaggio dei rifiuti tossico nocivi. Tutto il “liquido Petrol Dragon” accumulato nei serbatoi (tra le 40 e le 100 mila tonnellate, per il “Pirellone”) dovra’ essere smaltito secondo un rigoroso piano di bonifica che entro tre mesi, sotto la tutela della Provincia, dovrebbe scongiurare “ogni possibile causa di inquinamento del suolo, dell’ acqua e dell’ aria”. L’ operazione, dicono i funzionari dell’ assessorato regionale all’ Ecologia, costera’ al “mago del petrolio” non meno di 50 60 miliardi. Come mai un deposito di “materie prime secondarie”, come ha sempre sostenuto Rossi, e’ diventato per la Regione un “enorme pericolo sanitario e ambientale alle porte di Milano”? In realta’ il verdetto scientifico sulla Petrol Dragon era gia’ stato emesso il 16 marzo ‘ 93 dalla Commissione interministeriale incaricata di collaudare la bonta’ del brevetto. Dopo un anno di lavoro, gli esperti governativi avevano concluso che “il ciclo di lavorazione attuato esula dalle finalita’ specifiche previste dalla legge che disciplina la lavorazione e il trattamento degli oli minerali e la conseguente concessione interministeriale per la quale la Commissione e’ stata convocata”. Le attivita’ della Omar di Lacchiarella, insomma, non avevano nulla a che vedere con i “prodotti fiscalmente assimilabili a olio greggio”, una categoria merceologica introdotta nell’ 82 grazie a una leggina promossa da Dc e Psi. In base alle analisi di laboratorio, gli idrocarburi non superavano il 3 per cento: il resto del prodotto era formato da acqua (23%) e per tre quarti da un cocktail di solventi industriali, tanto acidi da mettere in serio pericolo le stesse colonne di distillazione. Il giorno stesso Andrea Rossi incasso’ il colpo da sportivo, comunicando al ministero la rinuncia definitiva alla concessione. A Lacchieralla, comunque, l’ attivita’ era andata avanti. “Abbiamo messo definitivamente la parola fine, commenta ora Carlo Monguzzi, assessore regionale all’ Ecologia, alla telenovela sul petrolio dai rifiuti. E’ indispensabile, nel settore dello smaltimento dei rifiuti industriali, attuare una completa pulizia da operatori senza scrupoli, fornendo invece certezza agli operatori qualificati”. La decisione regionale e’ stata sicuramente accelerata dall’ episodio del 14 dicembre scorso. Il Corpo Forestale dello Stato aveva sequestrato un’ autocisterna, proveniente dal deposito Petrol Dragon di Piossasco (Torino), che stava scaricando circa 10 tonnellate di liquami nei serbatoi della Omar. Rifiuti tossico nocivi trasportati senza autorizzazione, scoprirono le guardie forestali, e talmente contaminati dal Pcb (polidiclorodifenile, altamente tossico) da risultare proibitivi per qualsiasi impianto di smaltimento lombardo. L’ intero complesso era finito sotto sequestro, e nemmeno il ricorso presentato dall’ avvocato Raffaele Della Valle, legale della Petrol Dragon, aveva convinto i giudici del Tribunale della liberta’ . Le analisi sul carico sequestrato, svolte dal Presidio multizonale di igiene e prevenzione di Parabiago, avevano confermato un’ altissima concentrazione di Pcb. Respingendo il ricorso, il collegio aveva sottolineato l’ assenza di “fatture commerciali relative ai prodotti ricavati dal riutilizzo dei reflui in questione”. La motivazione e’ analoga a quella del pretore milanese Maria Rosaria Marasco, che il 23 marzo scorso aveva condannato Rossi a 8 mesi di arresto per stoccaggio e smaltimento abusivo di rifiuti proprio a Lacchiarella. Il ridotto giro d’ affari della Omar e l’ esigua quantita’ di “petrolio” effettivamente distillata, scriveva il giudice, “indicano in maniera inequivoca che la precipua attivita’ svolta in Lacchiarella fosse quella dello stoccaggio delle sostanze tossico nocive”. E aggiungeva un particolare curioso: tra i migliori clienti della Petrol Dragon figurava una cartiera in provincia di Frosinone, che tra il gennaio ‘ 91 e il marzo ‘ 92 aveva acquistato 600 tonnellate di combustibile autarchico. Peccato che la fabbrica avesse cessato la produzione fin dal ‘ 90.
CASTOLDI MARCO
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RISPOSTA DI ANDREA ROSSI:
COMMENTO ALL’ARTICOLO DE “IL CORRIERE DELLA SERA” DEL 9 MARZO 1994
Questo articolo non è che la conferma di quanto già espresso in altri: le 60.000 tonnellate di materia prima che il gruppo Omar-Petroldragon doveva distillare nella propria raffineria, vengono definite per legge “rifiuti” e per questo motivo tutto viene messo sotto sequestro. In realtà mai, prima di allora, anche in base a precise sentenze della Sprema Corte di Cassazione, le materie prime oggetto della lavorazione erano state considerate “rifiuti”.
La raffineria Omar, nata per raffinare i semilavorati della Petroldragon, non aveva e non poteva avere le autorizzazioni relative allo smaltimento dei rifiuti, proprio perché il trattamento dei rifiuti non era mai stata la sua attività e perché non era nata per questo scopo.
Con questo sistema la Regione, grazie anche al compiacente aiuto di una stampa particolarmente allarmista, ha cancellato in poco tempo un gruppo industriale che da sempre aveva lavorato sotto lo stretto controllo di UTF e della Guardia di Finanza e che, nel corso della propria attività, aveva pagato centinaia di milioni delle vecchie lire in Imposte di Fabbricazione.
Come conseguenza di questa azione, i “rifiuti” precedentemente oggetto della lavorazione del gruppo industriale Omar-Petroldragon, hanno cominciato ad essere “trattati” da altri.
Se qualcuno fosse interessato a capire chi abbia potuto beneficiare di questo forzato cambiamento degli attori sulla scena, si consiglia di informarsi su chi ha acquisito il monopolio del trattamento dei rifiuti industriali in quegli anni in seguito all’abbattimento del gruppo industriale capitanato da Andrea Rossi.
In riferimento al verdetto scientifico emesso dalla Commissione Interministeriale, vorremmo controbattere che il suo significato è stato completamente stravolto dal giornalista: la Commissione Interministeriale giudicò idonea la produzione della Omar, ed arrivò anche a deciderne la liberazione dall’accisa prevista per i prodotti petroliferi normali, poiché non derivante da idrocarburi. Un testo che aveva riconosciuto in pieno il merito della tecnologia e che, proprio come conseguenza di questo riconoscimento,  l’aveva perfino sgravata da accise eccessive, è stato ribaltato nel suo significato allo scopo di infangare l’immagine della Omar, forse con l’idea di rinforzare il discorso utilizzando una citazione “ufficiale”, benchè non vera.
Chi ha successivamente giovato della chiusura degli stabilimenti Omar-Petroldragon, acquisendo il monopolio di tutta l’attività di smaltimento dei rifiuti industriali, dovrebbe essere enormemente grato a chi, con tanta abile e pronta capacità di diffondere tesi e teorie non dimostrate e non dimostrabili, ha contribuito al raggiungimento di tale risultato.
Gli stabilimenti di Omar e di Petroldragon i “rifiuti” li stivavano in serbatoi collegati con colonne di distillazione e dotati di tutti i sistemi di sicurezza e di prevenzione previsti, chissà se i “beneficiari” prima menzionati hanno scelto di “trattare” i rifiuti nello stesso modo…
Per quanto riguarda i carichi che dai serbatoi di stoccaggio della Petroldragon venivano inviati alla Omar la prassi era molto semplice e quotidianamente adottata: i semilavorati della Petroldragon venivano inviati per la distillazione alla Omar, previo constante controllo e campionature effettuare carico per carico dalla Guardia di Finanza.
Dal momento in cui i semilavorati sono stati classificati per legge come “rifiuti”, e non più come prodotti commerciabili, allora tutti i trasporti degli stessi sono diventati irregolari e sequestrabili.
I sequestri sono così scattati per tutto il prodotto in magazzino pronto alla lavorazione e per tutto il prodotto lavorato pronto per la vendita. I prodotti (da sempre venduti e fonte di reddito) sono improvvisamente diventati “rifiuti” e in quanto tali oggetto di una necessaria e costosissima futura bonifica (costata dalle tre alle quattro volte il prezzo di mercato).
Circa la citata Cartiera che il giornalista ha definito fantasma, può essere interessante rendere noto che l’amministratore di tale fantasma è intervenuto in tribunale per uno dei processi sostenuti da Andrea Rossi, per testimoniare il suo costante e regolare utilizzo per la propria attività lavorativa degli oli combustibili prodotti dalla Omar ed anche per raccontare del sequestro della propria azienda motivato dal solo aver comprato ed utilizzato prodotti che dall’oggi al domani erano diventati “rifiuti” e quindi vincolati a specifiche autorizzazioni per il loro trattamento.
Sorte analoga è toccata a gran parte dei clienti della Omar, che si sono visti porre sotto sequestro le proprie aziende per la mancanza delle adeguate autorizzazioni al trattamento dei rifiuti, autorizzazioni diventate necessarie vista la definizione di “rifiuto speciale” attribuito per legge a tutto il materiale in entrata ed in uscita dai gruppi industriali di Andrea Rossi.
Con questo sotterfugio si è creata terra bruciata intorno agli stabilimenti, che hanno definitivamente perso tutti i propri clienti e, conseguentemente, ogni fonte di sostentamento.
ANDREA ROSSI

Link all’articolo presso il sito de “Il Corriere della Sera”

ARTICOLO ORIGINALE:

Corriere della Sera – 09 marzo 1994 —   pagina 41

Petrolio dai rifiuti? Inservibile e tossico

la Regione ha ordinato la chiusura degli stabilimenti della PETROL DRAGON e la revoca delle autorizzazioni alla raccolta e allo stoccaggio dei rifiuti tossico nocivi. il proprietario Andrea Rossi era l’ inventore del brevetto per trasformare i rifiuti tossici in petrolio greggio

Cala il sipario sulla Petrol Dragon di Andrea Rossi, l’ inventore del “miracoloso” brevetto per trasformare i rifiuti tossici in “petrolio greggio”. Ieri la Regione ha notificato a Rossi, titolare della “Omar” di Lacchiarella (un’ ex raffineria riconvertita in complesso chimico), la revoca delle autorizzazioni alla raccolta e allo stoccaggio dei rifiuti tossico nocivi. Tutto il “liquido Petrol Dragon” accumulato nei serbatoi (tra le 40 e le 100 mila tonnellate, per il “Pirellone”) dovra’ essere smaltito secondo un rigoroso piano di bonifica che entro tre mesi, sotto la tutela della Provincia, dovrebbe scongiurare “ogni possibile causa di inquinamento del suolo, dell’ acqua e dell’ aria”. L’ operazione, dicono i funzionari dell’ assessorato regionale all’ Ecologia, costera’ al “mago del petrolio” non meno di 50 60 miliardi. Come mai un deposito di “materie prime secondarie”, come ha sempre sostenuto Rossi, e’ diventato per la Regione un “enorme pericolo sanitario e ambientale alle porte di Milano”? In realta’ il verdetto scientifico sulla Petrol Dragon era gia’ stato emesso il 16 marzo ‘ 93 dalla Commissione interministeriale incaricata di collaudare la bonta’ del brevetto. Dopo un anno di lavoro, gli esperti governativi avevano concluso che “il ciclo di lavorazione attuato esula dalle finalita’ specifiche previste dalla legge che disciplina la lavorazione e il trattamento degli oli minerali e la conseguente concessione interministeriale per la quale la Commissione e’ stata convocata”. Le attivita’ della Omar di Lacchiarella, insomma, non avevano nulla a che vedere con i “prodotti fiscalmente assimilabili a olio greggio”, una categoria merceologica introdotta nell’ 82 grazie a una leggina promossa da Dc e Psi. In base alle analisi di laboratorio, gli idrocarburi non superavano il 3 per cento: il resto del prodotto era formato da acqua (23%) e per tre quarti da un cocktail di solventi industriali, tanto acidi da mettere in serio pericolo le stesse colonne di distillazione. Il giorno stesso Andrea Rossi incasso’ il colpo da sportivo, comunicando al ministero la rinuncia definitiva alla concessione. A Lacchieralla, comunque, l’ attivita’ era andata avanti. “Abbiamo messo definitivamente la parola fine, commenta ora Carlo Monguzzi, assessore regionale all’ Ecologia, alla telenovela sul petrolio dai rifiuti. E’ indispensabile, nel settore dello smaltimento dei rifiuti industriali, attuare una completa pulizia da operatori senza scrupoli, fornendo invece certezza agli operatori qualificati”. La decisione regionale e’ stata sicuramente accelerata dall’ episodio del 14 dicembre scorso. Il Corpo Forestale dello Stato aveva sequestrato un’ autocisterna, proveniente dal deposito Petrol Dragon di Piossasco (Torino), che stava scaricando circa 10 tonnellate di liquami nei serbatoi della Omar. Rifiuti tossico nocivi trasportati senza autorizzazione, scoprirono le guardie forestali, e talmente contaminati dal Pcb (polidiclorodifenile, altamente tossico) da risultare proibitivi per qualsiasi impianto di smaltimento lombardo. L’ intero complesso era finito sotto sequestro, e nemmeno il ricorso presentato dall’ avvocato Raffaele Della Valle, legale della Petrol Dragon, aveva convinto i giudici del Tribunale della liberta’ . Le analisi sul carico sequestrato, svolte dal Presidio multizonale di igiene e prevenzione di Parabiago, avevano confermato un’ altissima concentrazione di Pcb. Respingendo il ricorso, il collegio aveva sottolineato l’ assenza di “fatture commerciali relative ai prodotti ricavati dal riutilizzo dei reflui in questione”. La motivazione e’ analoga a quella del pretore milanese Maria Rosaria Marasco, che il 23 marzo scorso aveva condannato Rossi a 8 mesi di arresto per stoccaggio e smaltimento abusivo di rifiuti proprio a Lacchiarella. Il ridotto giro d’ affari della Omar e l’ esigua quantita’ di “petrolio” effettivamente distillata, scriveva il giudice, “indicano in maniera inequivoca che la precipua attivita’ svolta in Lacchiarella fosse quella dello stoccaggio delle sostanze tossico nocive”. E aggiungeva un particolare curioso: tra i migliori clienti della Petrol Dragon figurava una cartiera in provincia di Frosinone, che tra il gennaio ‘ 91 e il marzo ‘ 92 aveva acquistato 600 tonnellate di combustibile autarchico. Peccato che la fabbrica avesse cessato la produzione fin dal ‘ 90.Castoldi Marco

Cala il sipario sulla Petrol Dragon di Andrea Rossi, l’ inventore del “miracoloso” brevetto per trasformare i rifiuti tossici in “petrolio greggio”. Ieri la Regione ha notificato a Rossi, titolare della “Omar” di Lacchiarella (un’ ex raffineria riconvertita in complesso chimico), la revoca delle autorizzazioni alla raccolta e allo stoccaggio dei rifiuti tossico nocivi. Tutto il “liquido Petrol Dragon” accumulato nei serbatoi (tra le 40 e le 100 mila tonnellate, per il “Pirellone”) dovra’ essere smaltito secondo un rigoroso piano di bonifica che entro tre mesi, sotto la tutela della Provincia, dovrebbe scongiurare “ogni possibile causa di inquinamento del suolo, dell’ acqua e dell’ aria”. L’ operazione, dicono i funzionari dell’ assessorato regionale all’ Ecologia, costera’ al “mago del petrolio” non meno di 50 60 miliardi. Come mai un deposito di “materie prime secondarie”, come ha sempre sostenuto Rossi, e’ diventato per la Regione un “enorme pericolo sanitario e ambientale alle porte di Milano”? In realta’ il verdetto scientifico sulla Petrol Dragon era gia’ stato emesso il 16 marzo ‘ 93 dalla Commissione interministeriale incaricata di collaudare la bonta’ del brevetto. Dopo un anno di lavoro, gli esperti governativi avevano concluso che “il ciclo di lavorazione attuato esula dalle finalita’ specifiche previste dalla legge che disciplina la lavorazione e il trattamento degli oli minerali e la conseguente concessione interministeriale per la quale la Commissione e’ stata convocata”. Le attivita’ della Omar di Lacchiarella, insomma, non avevano nulla a che vedere con i “prodotti fiscalmente assimilabili a olio greggio”, una categoria merceologica introdotta nell’ 82 grazie a una leggina promossa da Dc e Psi. In base alle analisi di laboratorio, gli idrocarburi non superavano il 3 per cento: il resto del prodotto era formato da acqua (23%) e per tre quarti da un cocktail di solventi industriali, tanto acidi da mettere in serio pericolo le stesse colonne di distillazione. Il giorno stesso Andrea Rossi incasso’ il colpo da sportivo, comunicando al ministero la rinuncia definitiva alla concessione. A Lacchieralla, comunque, l’ attivita’ era andata avanti. “Abbiamo messo definitivamente la parola fine, commenta ora Carlo Monguzzi, assessore regionale all’ Ecologia, alla telenovela sul petrolio dai rifiuti. E’ indispensabile, nel settore dello smaltimento dei rifiuti industriali, attuare una completa pulizia da operatori senza scrupoli, fornendo invece certezza agli operatori qualificati”. La decisione regionale e’ stata sicuramente accelerata dall’ episodio del 14 dicembre scorso. Il Corpo Forestale dello Stato aveva sequestrato un’ autocisterna, proveniente dal deposito Petrol Dragon di Piossasco (Torino), che stava scaricando circa 10 tonnellate di liquami nei serbatoi della Omar. Rifiuti tossico nocivi trasportati senza autorizzazione, scoprirono le guardie forestali, e talmente contaminati dal Pcb (polidiclorodifenile, altamente tossico) da risultare proibitivi per qualsiasi impianto di smaltimento lombardo. L’ intero complesso era finito sotto sequestro, e nemmeno il ricorso presentato dall’ avvocato Raffaele Della Valle, legale della Petrol Dragon, aveva convinto i giudici del Tribunale della liberta’ . Le analisi sul carico sequestrato, svolte dal Presidio multizonale di igiene e prevenzione di Parabiago, avevano confermato un’ altissima concentrazione di Pcb. Respingendo il ricorso, il collegio aveva sottolineato l’ assenza di “fatture commerciali relative ai prodotti ricavati dal riutilizzo dei reflui in questione”. La motivazione e’ analoga a quella del pretore milanese Maria Rosaria Marasco, che il 23 marzo scorso aveva condannato Rossi a 8 mesi di arresto per stoccaggio e smaltimento abusivo di rifiuti proprio a Lacchiarella. Il ridotto giro d’ affari della Omar e l’ esigua quantita’ di “petrolio” effettivamente distillata, scriveva il giudice, “indicano in maniera inequivoca che la precipua attivita’ svolta in Lacchiarella fosse quella dello stoccaggio delle sostanze tossico nocive”. E aggiungeva un particolare curioso: tra i migliori clienti della Petrol Dragon figurava una cartiera in provincia di Frosinone, che tra il gennaio ‘ 91 e il marzo ‘ 92 aveva acquistato 600 tonnellate di combustibile autarchico. Peccato che la fabbrica avesse cessato la produzione fin dal ‘ 90.

CASTOLDI MARCO

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RISPOSTA DI ANDREA ROSSI:

COMMENTO ALL’ARTICOLO DE “IL CORRIERE DELLA SERA” DEL 9 MARZO 1994

Questo articolo non è che la conferma di quanto già espresso in altri: le 60.000 tonnellate di materia prima che il gruppo Omar-Petroldragon doveva distillare nella propria raffineria, vengono definite per legge “rifiuti” e per questo motivo tutto viene messo sotto sequestro. In realtà mai, prima di allora, anche in base a precise sentenze della Sprema Corte di Cassazione, le materie prime oggetto della lavorazione erano state considerate “rifiuti”.

La raffineria Omar, nata per raffinare i semilavorati della Petroldragon, non aveva e non poteva avere le autorizzazioni relative allo smaltimento dei rifiuti, proprio perché il trattamento dei rifiuti non era mai stata la sua attività e perché non era nata per questo scopo.

Con questo sistema la Regione, grazie anche al compiacente aiuto di una stampa particolarmente allarmista, ha cancellato in poco tempo un gruppo industriale che da sempre aveva lavorato sotto lo stretto controllo di UTF e della Guardia di Finanza e che, nel corso della propria attività, aveva pagato centinaia di milioni delle vecchie lire in Imposte di Fabbricazione.

Come conseguenza di questa azione, i “rifiuti” precedentemente oggetto della lavorazione del gruppo industriale Omar-Petroldragon, hanno cominciato ad essere “trattati” da altri.

Se qualcuno fosse interessato a capire chi abbia potuto beneficiare di questo forzato cambiamento degli attori sulla scena, si consiglia di informarsi su chi ha acquisito il monopolio del trattamento dei rifiuti industriali in quegli anni in seguito all’abbattimento del gruppo industriale capitanato da Andrea Rossi.

In riferimento al verdetto scientifico emesso dalla Commissione Interministeriale, vorremmo controbattere che il suo significato è stato completamente stravolto dal giornalista: la Commissione Interministeriale giudicò idonea la produzione della Omar, ed arrivò anche a deciderne la liberazione dall’accisa prevista per i prodotti petroliferi normali, poiché non derivante da idrocarburi. Un testo che aveva riconosciuto in pieno il merito della tecnologia e che, proprio come conseguenza di questo riconoscimento,  l’aveva perfino sgravata da accise eccessive, è stato ribaltato nel suo significato allo scopo di infangare l’immagine della Omar, forse con l’idea di rinforzare il discorso utilizzando una citazione “ufficiale”, benchè non vera.

Chi ha successivamente giovato della chiusura degli stabilimenti Omar-Petroldragon, acquisendo il monopolio di tutta l’attività di smaltimento dei rifiuti industriali, dovrebbe essere enormemente grato a chi, con tanta abile e pronta capacità di diffondere tesi e teorie non dimostrate e non dimostrabili, ha contribuito al raggiungimento di tale risultato.

Gli stabilimenti di Omar e di Petroldragon i “rifiuti” li stivavano in serbatoi collegati con colonne di distillazione e dotati di tutti i sistemi di sicurezza e di prevenzione previsti, chissà se i “beneficiari” prima menzionati hanno scelto di “trattare” i rifiuti nello stesso modo…

Per quanto riguarda i carichi che dai serbatoi di stoccaggio della Petroldragon venivano inviati alla Omar la prassi era molto semplice e quotidianamente adottata: i semilavorati della Petroldragon venivano inviati per la distillazione alla Omar, previo constante controllo e campionature effettuare carico per carico dalla Guardia di Finanza.

Dal momento in cui i semilavorati sono stati classificati per legge come “rifiuti”, e non più come prodotti commerciabili, allora tutti i trasporti degli stessi sono diventati irregolari e sequestrabili.

I sequestri sono così scattati per tutto il prodotto in magazzino pronto alla lavorazione e per tutto il prodotto lavorato pronto per la vendita. I prodotti (da sempre venduti e fonte di reddito) sono improvvisamente diventati “rifiuti” e in quanto tali oggetto di una necessaria e costosissima futura bonifica (costata dalle tre alle quattro volte il prezzo di mercato).

Circa la citata Cartiera che il giornalista ha definito fantasma, può essere interessante rendere noto che l’amministratore di tale fantasma è intervenuto in tribunale per uno dei processi sostenuti da Andrea Rossi, per testimoniare il suo costante e regolare utilizzo per la propria attività lavorativa degli oli combustibili prodotti dalla Omar ed anche per raccontare del sequestro della propria azienda motivato dal solo aver comprato ed utilizzato prodotti che dall’oggi al domani erano diventati “rifiuti” e quindi vincolati a specifiche autorizzazioni per il loro trattamento.

Sorte analoga è toccata a gran parte dei clienti della Omar, che si sono visti porre sotto sequestro le proprie aziende per la mancanza delle adeguate autorizzazioni al trattamento dei rifiuti, autorizzazioni diventate necessarie vista la definizione di “rifiuto speciale” attribuito per legge a tutto il materiale in entrata ed in uscita dai gruppi industriali di Andrea Rossi.

Con questo sotterfugio si è creata terra bruciata intorno agli stabilimenti, che hanno definitivamente perso tutti i propri clienti e, conseguentemente, ogni fonte di sostentamento.

ANDREA ROSSI